
Venerdì 21 Marzo ore 21.00
"OLTRE IL CARCERE"
Una discussione non facile e per nulla piacevole. Un confronto necessario con la più odiosa delle istituzione della nostra società.
Il carcere.
Unico orizzonte per le nuove povertà del nostro tempo, università della delinquenza che non assolve al compito del reinserimento sociale ma unicamente al bisogno di vendetta e punizione.
Luogo in cui generose organizzazioni e realtà operano per portare una speranza a chi dalla vita non ha avuto altro che condanne e catene.
Coordina l'incontro: Simone Ortori (csa La Comune)
partecipano: Umberto Moisè (arci Carrara)
Giovanna Madoni (gruppo volontari carcere di Massa)
"Un incontro aperto alle realtà che operano all'interno dell'istituzione carceraria con la partecipazione di Silvia Baraldini amica, compagna, sorella che della galera in quanto strumento di vendetta sociale, culturale e politica e stata per lunghi anni vittima"
3 commenti:
LA STORIA. Classe 1947, trasferitasi nel 1961 con la famiglia negli Stati Uniti, Silvia Baraldini dal 1982 fu coinvolta in un caso giudiziario per lo meno anomalo, non ancora davvero risolto. La donna (negli anni ’60 ancora ragazza ed attenta alla figura di Martin Luther King) ha iniziato la sua esperienza politica negli ambiti universitari, giovanili e femministi, mentre si combatteva la guerra in Vietnam; negli anni successivi, arrivata a New York si era avvicinata presto alle Black Panthers, associazione che si batteva per il riconoscimento dei diritti degli afro-americani.
Negli anni ’70 il movimento subì una forte repressione da parte dell’Fbi, che non esitò a far ricorso ad assassinî mirati. Nel gruppo di Silvia ci si occupava innanzitutto di difendere la popolazione afro-americana dalla violenza della polizia, poi si pensava anche alla propaganda ed all’autofinanziamento. Alcuni fatti gravi e sanguinosi portarono ad un’indagine a livello nazionale contro i movimenti più radicali: fu all’interno di queste vicende che, nel novembre 1982, la Baraldini fu arrestata.
Silvia venne accusata di cospirazione terroristica per aver partecipato a cinque episodi, tra cui una rapina in cui erano morti due poliziotti e la liberazione di Assata Shakur (pseudonimo di Joanne Chesimard, una militante delle Black Panthers incarcerata qualche tempo prima). Ad accusare la donna furono alcuni pentiti, poi dimostratisi completamente inaffidabili; la severissima legge Rico che la incriminava era stata scritta per reprimere la criminalità organizzata, ma aveva finito per essere estesa al terrorismo ed ai movimenti d’opinione ad esso connessi.
Dei cinque fatti contestati ne ressero soltanto due, ossia una tentata rapina ad un altro portavalori (che peraltro non avvenne mai) e la cooperazione all’evasione (ma Silvia insiste con il termine liberazione) della Shakur: in tutti e due i casi la Baraldini avrebbe ricoperto ruoli di secondo piano, incruenti, nulla più che una fiancheggiatrice, e senza che gli indizi di colpevolezza fossero molto solidi. La condanna tuttavia arrivò e fu la maggiore possibile: vent’anni di carcere per associazione sovversiva (un reato eminentemente politico) ed altri vent’anni per concorso in evasione (in Europa al massimo punita con 5 anni). Una condanna pesantissima, cui vanno aggiunti 50mila dollari di multa ed altri 3 anni per essersi rifiutata, in un caso parallelo di collaborare con il Gran Jury (gli americani chiamano questa fattispecie contempo of Court, vilipendio della Corte). Una condanna certamente ingiusta, ma che non sorprende la donna: «Il giudice – ha spiegato – ha sempre dimostrato di non capire le mie scelte, si chiedeva cosa ci facessi con quelle persone, visti i miei studi ed il mio background; ha dimostrato insofferenza per la mia presenza al processo».
Silvia ha scontato buona parte della sua condanna in vari carceri americani, ma il periodo trascorso a Lexington, nel Kentucky (nei primi mesi del 1987), sarà purtroppo assolutamente incancellabile. In quel penitenziario di massima sicurezza le detenute erano completamente isolate dal mondo esterno: celle di 2 metri per 4, un luogo in cui quasi tutto è proibito, anche la privacy nei bagni, spesso anche il sonno di notte. Vere e proprie torture, raccontate anche nel documentario Attraverso il filo spinato (rifiutato da tutte le televisioni italiane all’inizio degli anni ’90) e che porteranno alla chiusura della vergognosa struttura qualche tempo dopo. Di quell’esperienza la Baraldini porta ancora le conseguenze: prima tra tutte, il tumore all’utero di cui si dovette operare alcuni anni più tardi. Mai dichiarata innocente
Per almeno cinque anni in Italia non si seppe nulla della storia di Silvia: solo nell’87, proprio in coincidenza con Lexington, l’opinione pubblica cominciò a sapere qualcosa. Da allora i governi che si sono succeduti alla guida dell’Italia hanno inoltrato (spesso con poca convinzione) varie richieste di trasferimento della Baraldini in patria, secondo la Convenzione di Strasburgo; richieste sempre negate dagli Usa, con la convinzione che in Italia sarebbe stata liberata nel giro di poco tempo.
A fine anni novanta la situazione carceraria di Silvia subisce una evoluzione con la seguente modalità:
- 6 MARZO 1999: il presidente del Consiglio Massimo D'Alema, in visita negli Usa, e il presidente americano Bill Clinton concordano di dare un mandato sulla vicenda ai ministri della Giustizia. - 11 GIUGNO 1999: Italia e Usa raggiungono un accordo. - 9 LUGLIO 1999: la Corte di appello di Roma riconosce le due sentenze di condanna inflitte negli Usa. Fa inoltre proprie, ai fini dell'esecuzione in Italia della pena residua, le condizioni stabilite dagli Usa e accettate dalla stessa Baraldini. La fine della pena è fissata al 29 luglio 2008. - 24 AGOSTO 1999: Silvia Baraldini atterra all'aeroporto di Ciampino e viene subito condotta nel carcere di Rebibbia. - 1 SETTEMBRE 2000: la Baraldini sta nuovamente male, e chiede di essere curata per un cancro. Il ministro della Giustizia Fassino autorizza il trasferimento al policlinico Gemelli di Roma. - 16 OTTOBRE 2000: è operata per un tumore al seno. Dopo l'intervento, i medici le prescrivono un ciclo di chemioterapia. L'avvocato della Baraldini presenta al Tribunale della sorveglianza la richiesta di differimento della pena per motivi di salute. - 30 NOVEMBRE 2000: il Tribunale di sorveglianza di Roma investe della questione la Corte costituzionale, rilevando che l'accordo tra Italia e Usa, che esclude qualsiasi modifica delle condizioni di detenzione tra cui la liberazione per motivi di salute, è in conflitto con i diritti sanciti dalla Costituzione italiana. - 22 MARZO 2001: la Corte Costituzionale deposita la sentenza con cui dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Sorveglianza e gli rimanda la competenza sulla sospensione o meno della pena per motivi di salute alla detenuta, gravemente ammalata. - 17 APRILE 2001: il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti, in una lettera al ministro della Giustizia italiano, afferma che "non si opporrà" a una eventuale sospensione della pena per motivi di salute. - 20 APRILE 2001: il Tribunale di sorveglianza di Roma concede gli arresti domiciliari per gravi motivi di salute. - 13 NOVEMBRE 2002: il Tribunale conferma gli arresti domiciliari per motivi di salute. - 9 LUGLIO 2003: il Tribunale di sorveglianza di Roma dice no all'allungamento dei tempi di uscita di Silvia Baraldini, da sei ad otto ore, per motivi di lavoro. La Baraldini aveva ottenuto, non senza polemiche, una collaborazione con il Comune di Roma per occuparsi di un progetto di ricerca sull'occupazione femminile. Il Tribunale dispone anche una nuova perizia medica sulla Baraldini. - 6 APRILE 2006: durante la campagna elettorale, la consulenza della Baraldini presso il Comune di Roma causa nuove polemiche in seguito alle dichiarazioni del premier Berlusconi che accusa il Comune di aver gratificato con una consulenza la Baraldini, condannata per terrorismo. Il Campidoglio risponde che la Baraldini aveva i titoli necessari. - 26 SETTEMBRE 2006: La Baraldini torna libera in virtù dell'indulto.
Ho spostato la storia nei commenti perché sennò occupa troppo spazio nella pagina.
La Comune cerca ancora qualcuno che sia in grado di costruirci e mantenerci un sito vero(anche non aggratis). Perché un blog è utile ma è limitante.
Non sono capace di fare un sito: ma un blog come questo non è per nulla male!Non vi sottovalutate!Cmq inviterei a una considerazione in sulla (in)giustizia: con l'indulto abbiamo garantito l'impunità ai torturatori del G8. La certezza dela pena spesso tutela i più deboli, leggi permissive(come quelle attuali) SOLO i più ricchi
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